BUCHI NERI

Era il 1783 quando John Michell ipotizzò che un corpo abbastanza massiccio non avrebbe consentito nemmeno alla luce di sfuggirgli, rimanendo invisibile: lo chiamò “Dark Star”(“stella scura”).

Non essendoci però nessuna evidenza della possibile esistenza reale di questi oggetti, per oltre un secolo nessuno prese seriamente la questione, sinché nel 1916 Karl Schwarzschild pensò di applicare la neonata Relatività di Einstein a questo genere di oggetti, ponendo le basi alla teorizzazione della loro esistenza.

Il termine “Black Hole” (“buco nero”) farà però la sua comparsa solo nel 1967 (coniato da John Wheeler) e nel 1971 (quando sono nato io) Donald Lynden-Bell e Martin Rees ipotizzarono che proprio un gigantesco buco nero potesse stare al centro della nostra galassia, a 27.000 anni luce dalla Terra.

Nel 1974 venne effettivamente rilevata una forte emissione di onde radio provenire proprio da lì, alla quale venne dato il nome “Sagittarius A”.

VEDERE I BUCHI NERI

Negli anni successivi, un enorme numero di fisici cominciò a studiare il modo di come poter davvero “vedere” i buchi neri, sino ad arrivare (sopo oltre 30 anni) prima all’immagine del buco nero al centro della galassia M87 (2019), poi a quella di Sagittarius A (2022), che, visto dalla Terra, ha le dimensioni apparenti di una ciambella… posta sulla superficie della luna però 😃 , e ha una massa di oltre 4 milioni di masse solari (con un raggio 17 volte più grande).

Con tutta probabilità ogni galassia ha al centro un gigantesco buco nero, che agisce come un gigantesco “motore”.

Per ottenere questo genere di immagini gli strumenti interessati hanno prodotto circa 80 terabyte di dati ogni ora che… sono poi stati inviati ai vari centri usando dei trasporti fisici, perché in via telematica ci sarebbe voluto troppo tempo…

Ricordo che da ragazzino puntavo sempre il telescopio verso la costellazione del Sagittario in cerca di lui… 😃